lunedì 15 febbraio 2010

Il mio distacco

Sono sempre stato difficilmente preda delle facili emozioni. Già ai tempi delle scuole medie gli insegnanti mi rimproveravano perchè di qua e perchè di là. Quando mi chiedevano il parere su una cosa che mi faceva schifo, io dicevo che faceva schifo, punto. Tutti cercavano falsamente di dire è bello perchè questo e quello, io invece no. Una cosa mi fa schifo, quindi dico che mi fa schifo. Ed è stata così per parecchio tempo. Ho dormito come una roccia la notte prima della maturità. Bene - o meglio, male - le cose sembrano in mutamento. Sarà che ho iniziato ad applicarmi con impegno per raggiungere determinati obiettivi, ma ora sento l'ansia dell'attesa e mi girano i cosiddetti quando le cose non vanno come sperato o progettato. È l'eterno chiedersi la stessa domanda: meglio l'indifferenza che non provoca malessere o viceversa è meglio sbattersi per dei progetti e aver voglia di sbattere la faccia contro il muro portante della casa quando queste non vanno come dovrebbero (praticamente sempre). Io direi quasi la prima. Ci ho sempre convissuto bene. Eppure qualcosa è cambiato. L'ironia dello scorrere degli eventi non mi ha mai divertito più di tanto. Non quando la provo sulla mia pelle, almeno. C'è chi afferma che solo in questo modo si può veramente dire d'essere vivi, lavorando per qualcosa e soffrendo, solo così si tempra lo spirito e l'esperienza. Io non ci credo granchè. Star male per fare qualcosa non mi sembra una grande conquista, ecco.

1 commento:

Joseph YK ha detto...

Tutto cambia.Anche noi.