mercoledì 30 settembre 2009

La nuova entropia

Per le teorie ed i principi termodinamici si sa che l'universo tende allo stato di massima entropia dove l'entropia misura, per così dire, il grado di disordine. Se n'era già parlato. Così un gas si espande liberamente, non si contrae, e il popolo italiano vota PdL. Massimo disordine. Ma non solo; per la teoria dell'informazione l'entropia è una misura della quantità d'informazione. Più l'entropia è alta, più è bassa l'informazione, e viceversa. Vi è inoltre un'altra importante implicazione: nell'evolvere delle cose l'energia tende a degradarsi, ovvero tende a diventare inutilizzabile per produrre lavoro. Oggi i miei studi mi hanno portato ad espandere ulteriormente questo concetto ad un'altro campo apparentemente slegato dalla teoria dell'informazione e dalla termodinamica: l'arte. Ma andiamo con ordine.

Per prima cosa misuriamo il valore artistico di un'opera. Allora, ad esempio, il David di Michelangelo ha un valore approssimativo di circa 682 kiloDaVinci. La Piramide di Cheope si aggira sui 1,2 megaDavinci. La Divina Commedia sta sui 38 kiloDaVinci e l'ultimo libro di Moccia sui 26 milliDaVinci. È ovvio che la scala sarà logaritmica, ovvero nulla avrà un valore artistico di zero DaVinci (che sarà indicato con DV nel Sistema Internazionale) perchè tutto, pure quello che vomita il gatto sul prato (sui 15 nanoDaVinci), può a suo modo essere interessante. Adesso passiamo all'osservazione sperimentale per la definizione dell'entropia artistica. Notiamo che attorno ad un quadro possono nascere libri e film (altrimenti Dan Brown non lo conoscerebbe nessuno, e non sarebbe così male come prospettiva, in fondo) ma non succede praticamente mai che avvenga il contrario. Ad ugual modo possiamo vedere che vi sono sempre più spesso film tratti da romanzi ma non si sente mai parlare di romanzi ispirati a film. È possibile quindi definire una vera e propria freccia artistica della degradazione dell'energia artistica definita macroscopicamente per categorie. La freccia mostra come l'energia si degrada da sculture, monumenti e dipinti verso libri, musica ed opere teatrali proseguendo poi in fumetti e film. Quindi si passa a serie televisive, parodie e spin off animati. Infine vi sono i programmi televisivi ed i reality. Ovviamente poi all'interno di ogni categoria vi sono anche enormi differenze ma la legge è in linea di massima ferrea (le eccezioni sono numericamente trascurabili e statisticamente improbabili oltre che non significative). Quindi quando un'opera si posiziona ad in una certa categoria con un certo valore misurato in DaVinci, da allora le opere che da questa derivano possono posizionarsi solo in categorie di valore minore od uguale. Qualche esempio: 1984 di Orwell (453 DaVinci) si è degradato nel Grande Fratello (1081 milliDavinci stimati alla prima edizione, 27 milliDaVinci all'ultima). Oppure la Gioconda (517 kiloDavinci), degradata dapprima a Il Codice Da Vinci (5 DaVinci) e poi in una miriade di scritti che tentarono di cavalcare l'onda del successo del suddetto, come Inchiesta su Gesù (348 milliDaVinci). Tutto tende al minor potenziale artistico possibile. Se definiamo quindi l'entropia artistica l'inverso di questo potenziale, abbiamo che tutto il mondo artistico tende all'entropia massima. E tutto torna.

PS: Il DaVinci è definito sul valore artistico di questo post. Ovvero questo post ha un valore artistico di esattamente 1 DaVinci.

martedì 29 settembre 2009

lunedì 28 settembre 2009

Sulla fretta ed altre cose

Se io avessi programmato una favolosa vacanza nella gelida tundra norvegese (secondo i miei standard, sì, sarebbe favolosa) e mancassero ormai pochi giorni alla partenza non starei più nella pelle, sarei tutto un fremito. Se una grossa pizza abbondantemente guarnita stesse cuocendo lentamente nel mio forno ed io avessi fame, starei accovacciato davanti al forno tenendola d'occhio attraverso il vetro impaziente di affondare i denti nell'impasto rovente, con la bava a stento controllata all'interno delle labbra. Se stessi leggendo un libro lungo e complesso dalla trama ben costruita e stessi giungendo alle battute finali, sarei impaziente di sapere il finale e leggerei, leggerei, leggerei, finchè tutte le singole lettere stampate saranno state immagazzinate e finchè la storia non sarà arrivata al suo termine andando a posizionare anche l'ultimo tassello del puzzle creatosi nella mia mente. Tutto questo per dire cosa? Semplice: credenti di tutto il mondo, perchè se il vostro paradiso di infinita bellezza e beatitudine esiste siete tanto attaccati a questa vita mediocre da voler mantenere tutti allo stato vegetativo per interi decenni?

domenica 27 settembre 2009

Senso unico

Senza poter tornare indietro come posso distinguere chi prevede il futuro da chi lo provoca?

sabato 26 settembre 2009

Il mio odio

Temo d'avere un problema con l'odio. Mi è successo più volte di desiderare con tutto me stesso di vedere una persona riversa a terra dopo aver incassato tante legnate da poterci aprire una falegnameria. Un desiderio sincero, e neanche con persone con le quali ho litigato. Semplicemente sento il seme dell'odio nascere e crescere e, sì, ora ci starebbero bene delle sprangate sul tuo volto. Non è la discussione o la litigata che mi fa desiderare la sofferenza altrui, sono soprattutto gli atteggiamenti. Strafottenza e arroganza, idiozia e chiusura mentale sono i peggiori, stimolano in me le sensazioni peggiori. Odio quello stronzo che mi sorpassa a sinistra, quello che suona il clacson, quello che fa casino, quel bambino che non la smette di piangere, quello che con tutto il posto che c'è si viene a sedere proprio di fianco a me, quello che impenna col motorino, quello che fa gli articoli sulla Milano da bere a studio Aperto, quello che sembra sapere tutto e quello con gli occhi che dicono "cazzo quanto sono furbo". Odio parecchia gente. Spesso sento dire che l'amore è un sentimento raro e che andrebbe valutato con cautela. Nel mio caso si fa prima a dire chi amo piuttosto che elencare la Black List. Semplice ottimizzazione, niente di metafisico. Odio anche me stesso quando vedo il mio cervello vomitare fuori post di questo tipo ed odio non riuscire a mettere su pixel le mie idee esatte. Odio parecchie cose, in effetti. Di buono c'è che tutto quest'odio riesco a tenermelo dentro anche se sono sicuro che andrà prima o poi a condensarsi in una forma tumorale grossa come una papaya.

venerdì 25 settembre 2009

giovedì 24 settembre 2009

Sui mezzi improbabili

Non mi piacciono gli autobus. Non mi piacciono neanche i treni ma quelli, almeno, sono ben definiti come numero ed entità. Anche se c'è da aspettarli un'ora in più e se c'è da fare il viaggio in piedi con altri passeggeri sulle spalle, il treno arriva e quando arriva lo vedi. L'autobus invece è totalmente casuale, ci sono un certo numero di autobus che fanno un certo percorso ma le variabili in gioco (quantità di passeggeri, traffico, tempo atmosferico) sono troppe perchè si possa identificare davvero una cadenza regolare nel loro passaggio. Ma loro non se ne accorgono, sono arroganti a tal punto di pretendere di dare l'orario con la precisione del minuto: ma chi volete prendere in giro? Tanto per fare un esempio, nell'ultima mi esperienza la situazione è questa: l'autobus è segnalato per le 14:59 (perchè 15:00 è troppo sempliciotto) quindi io arrivo alla fermata alle 14:50, per andare sul sicuro. L'autobus si fa vivo sulle 15:15 e lo prendo cercando di capire se è quello delle 14:59 in ritardo o quello delle 15:29 in anticipo. In ogni caso, quell'autobus non ci dovrebbe essere. Questo poi perchè sono stato fortunato. Ci sono state volte che ho aspettato anche un'ora e dei sei autobus segnalati (uno ogni dieci minuti) non se n'è fatto vivo nemmeno uno. Quindi ho costruito un modello. L'autobus arriva in fermata in modo totalmente casuale ma dovrebbero essercene in media sei ogni ora, così dice il foglietto degli orari. Allora l'ho approssimato ad un fenomeno poissoniano con rate medio 6. In questo modo mi è stato possibile calcolare la probabilità di fare un certo numero di incontri di autobus nella mia fermata in un lasso di tempo che dura un'ora. Ecco i risultati (approssimati al continuo):
Si vede che c'è un picco di probabilità proprio sul 6, ovvero è molto probabile incontrare tanti autobus quanti ne sono stati segnalati dagli orari. È altrettanto facile vedere che la probabilità di non vedere alcun autobus (o uno solo) in un'ora, cosa che mi è capitata anche fin troppo spesso, è molto vicina alla probabilità di vederne quattordici, ovvero la probabilità di non vederene nessuno è uguale alla probabilità che, dal nulla, si creino otto autobus con tanto di autista e che questi passino tutti per la mia fermata. Ora, il buonsenso ci dice che quest'evento è impossibile o, almeno, alquanto improbabile, quindi dovrebbe essere altrettanto improbabile non vedere alcun autobus nella propria fermata. Eppure...

mercoledì 23 settembre 2009

Il mio metodo

La medicina è sicuramente la forma di scienza più antica e utile a chi vuole evitare di morire di raffreddore. Ma, per quanto abbia fatto passi da gigante da quando si curavano i malanni con insalata e due preghiere al giorno, la medicina è ancora una scienza empirica. Non empirica come la fisica, empirica in modo totale, basata esclusivamente sull'osservazione, così, a casaccio. Non vi è alcun dato teorico che possa portare a prevedere determinati sviluppi medici ne è possibile riprodurre in laboratorio alcun malanno (a parte la morte, quella viene riprodotta abbastanza fedelmente volendo). Per questo io non conosco il mio dottore e vado da lui solo quando già mi stanno allestendo la camera ardente. Ovvero sono andato solo una volta negli ultimi otto anni, quando ero diventato sordo da un orecchio. Prima ho aspettato un mese ma alla fine ho ceduto.

Injo: Non ci sento più da quest'orecchio.
Dottore: Mmmh, da quanto tempo?
Injo: Ehm. Da ieri.
Dottore: Fammi vedere.
Dottore mi infila l'orecchioscopio nell'orecchio ed inizia a scavare col dito.
Dottore: Eh, qui è un po' rosso...
Injo: Cosa posso farci?
Dottore: Ti prescrivo un anti-infiammatorio.
Injo: Ok. Comunque è dall'altro orecchio che non sento.
Dottore: Ah, bene, ahah. Fammi vedere.
Dottore mi infila l'orecchioscopio nell'altro orecchio ed inizia a scavare col dito. Mi fa un male cane.
Dottore: Eh, sì, sembra un po' gonfio.
Injo: Ah.
Dottore: Ti prescrivo un anti-infiammatorio.

Fatto sta che ho comprato l'anti-infiammatorio, l'ho preso per una settimana e faceva proprio schifo (ma le case farmaceutiche gli additivi chimici che rendono gradevole il sapore dei cibi conservati non li conoscono?). Alla fine non è cambiato niente ed ho smesso di prenderlo, bon, pace. Poi un giorno lentamente ha iniziato ad affievolirsi la sensazione di chiuso e sono tornato a sentirci. Questo ha rafforzato la mia tesi sulla non affidabilità della medicina, specie quella di base. Cosa che mi ha fatto tornare al mio vecchio metodo, forse più empirico della medicina stessa, ma i risultati che ho ottenuto sono decisamente migliori. Il metodo si chiama "ignoralo che tanto poi passa" e ci ho curato abbastanza malanni, ultimamente, alcuni dei quali parecchio scomodi. Se proprio il malanno è pesante utilizzo la versione moderna chiamata "ignoralo che tanto poi passa con aggiunta di Vivin C". Con questa posso debellare tutto, sono sicuro. Mi è venuta in mente quest'insieme di roba perchè è da un paio di settimane che ho la mandibola che mi scricchiola come una carota quando si spezza ogni volta che la muovo o che mastico. È abbastanza fastidioso sentire le ossa che sfregano traballando nella loro sede, ma sopportabile. Sto applicando la mia teoria medica per aggiungere nuovi successi che la possano supportare. Ultimamente si è affievolito, quindi sono sulla buona strada. Oppure mi cade la mandibola a terra improvvisamente, anche questa è un'ipotesi.

Injo: Dottohe! Dottohe!
Dottore: Cosa!
Injo: Mi è cahuta la mashella!
Dottore: Oh cielo, fammi vedere!
Injo: Mi aiuhi dottohe!
Dottore: Ti prescrivo un anti-infiammatorio.

martedì 22 settembre 2009

Meglio l'aldiqua

Se dovesse esserci vita dopo la morte sarebbe per me una bella sorpresa. Ormai sono talmente preparato a giacere coi vermi finchè il mio corpo non sarà completamente dissolto che la presenza di un'eventuale vita eterna senziente mi destabilizza un po'. Prima di tutto per un fattore di qualità della vita. Questo aldilà sarà così pieno di gente che dovrebbe essere invivibile. Dal tempo dei babilonesi sono morte almeno seicento miliardi di persone (stimando ad occhio vita media negli ultimi seimila anni e popolazione totale mondiale dello stesso periodo) senza contare quello che sono morti prima e quelli che moriranno. Tutta sta gente (pari a cento volte la popolazione mondiale attuale) stipate in un unico luogo appartenente ad un privato che li comanda. Questo mi fa pensare che l'aldilà debba essere effettivamente un inferno. Un'altra cosa che non mi è chiara è lo stato mentale con cui questa presupposta vita eterna dovrà essere affrontata. Perchè sappiamo che la crescita è un fattore puramente fisico che può essere accelerato, stimolato, rallentato o fermato. Quindi nell'aldilà non si dovrebbe crescere od invecchiare. Questo implica per caso che se uno muore a quattro anni è condannato per l'eternità a sbavare mordendo oggetti e farsela addosso? Ed un vecchio affetto da Alzheimer? Considerato che quando uno muore non si trova nello stato mentale ottimale, in genere, l'aldilà dovrebbe essere pieno di persone poco raccomandabili. E non mi si dica che la mente tornerà/diventerà normale una volta arrivati nell'aldilà o, peggio, che saremo entità puramente ideali e metafisiche. No, non ditemelo, perchè allora visto che devo lavorare una vita intera (letteralmente) per forgiare la mia mente, farla crescere ed istruirla, pensare che poi una volta morto vivrò per sempre con una mente standardizzata scelta da qualcun'altro mi fa desiderare davvero di giacere sottoterra mentre i vermi banchettano con le mie membra.

lunedì 21 settembre 2009

domenica 20 settembre 2009

L'anarcotopo e il poligatto

C'è solo una cosa peggiore che creare qualcosa per dare un certo messaggio e vedere che la gente travisa completamente il messaggio che stai cercando di trasmettere: travisare il messaggio in prima persona. Lo stereotipo della classica guerra tra il Bene e il Male dove il Male trionfa fino a dieci minuti dalla fine dove il Bene arriva e senza troppi complimenti vince è fin troppo abusato. Davvero troppo. Credo che fosse questa l'intenzione di Tom & Jerry, un classico che vede in Jerry il Bene e in Tom il Male (Tom è il gatto, cazzo, possibile che nessuno riesca a capire che Tom è il gatto?) ma che non c'entra l'obiettivo per niente. Certo, è il gatto che vuole friggersi in padella il topo per mangiarselo ma, in fondo, non è neanche tutta colpa sua: è un gatto. Il gatto, che è un felino, mangia altri animali (più piccoli ovviamente, mica è scemo). Ma non è neanche questo il problema, non si è mai visto Tom che andasse a cercare il topo perchè affamato, in genere prende il cibo dal frigorifero. Il problema è che chi dovrebbe rappresentare il Bene, Jerry, è un assoluto rompicoglioni. Tom dorme e lui fa casino e lo sveglia. Tom mangia e lui gli ruba il cibo. Tom fa qualcosa e lui non riesce a non andare a rompere tutto. Senza contare che Tom è a casa sua mentre Jerry è un topo putrido che vive a scrocco nel muro. Eppure Jerry vince sempre (tranne nelle ultime puntate dove sono amici, diamine, amici, ma come si fa?) e il male finisce torturato, umiliato e massacrato solo perchè voleva riposare, voleva mangiare o voleva rispettare le regole della casa. Lo fanno vincere sempre come se fosse giusto così, fosse giusto che uno scalmanato metta a soqquadro una casa e chi cerca di punirlo o fargli seguire le regole sia malvagio. Chi ha creato Tom & Jerry dev'essere sicuramente uno di quei disadattati pseudoanarchici che vanno a scrivere ACAB sui muri, non c'è altra spiegazione. E forse ho finalmente capito dove le tifoserie italiane hanno preso la loro concezione di giustizia.

sabato 19 settembre 2009

Sei esplosivi

Muoiono sei militari in guerra (mica duecentocinquantamila mentre passeggiavano a Portofino, no, solo sei e in guerra) e subito tutti si fanno scuri in volto. La Russa non resiste e deve intervenire in Parlamento. «L’Italia non si farà intimidire. Agli infami, vigliacchi, aggressori che hanno colpito ancora una volta nella maniera più subdola, va sicuramente la nostra ma convinzione che non ci fermeremo nelle operazioni». Per non farsi mancare niente, Schifani li definisce eroi. Ora:

1. Sei militari morti in guerra. Ripeto: sei e in guerra. Credo che un militare in guerra se lo debba aspettare di crepare. Altrimenti poteva andare a fare l'ambulante, se non voleva rischiare.

2. «Agli infami, vigliacchi, aggressori che hanno colpito ancora una volta nella maniera più subdola...». Davvero, oh, che incivili. Mica li hanno ammazzati sparandogli in faccia con un fucile come tutte le persone civili, no, hanno usato gli esplosivi. Sono proprio scorretti. Non vale fare la guerra così.

3. Schifani li definisce eroi. Non è che hanno sgominato una banda di supercriminali, hanno ucciso Godzilla o hanno fatto esplodere all'ultimo minuto l'asteroide in rotta di collisione con la Terra. No, niente di tutto questo: sono eroi perchè sono stati fatti saltare in aria e sono crepati. Se sopravvivevano erano degli sfigati ma invece sono morti, che fortuna, ora sono degli eroi. Ma Schifani non vuole diventarci, eroe?

Nota: per chi (eventuale ed utopico) si adopererà per farmi chiudere il blog come hanno fatto chiudere quelli su FaceBook che esultavano della loro morte, faccio questa precisazione: non sono contento che sono morti, più che altro non me ne frega niente. Dico solo che non è tutta sta strage tremenda.

venerdì 18 settembre 2009

Riformasticato

Ricominciano le scuole e ci sono ancora le proteste per la riforma della Gelmini. Perchè non è mai contenta, la Gelmini, deve fare la riforma della riforma (che sostanzialmente è uguale alla riforma normale con uno zero in meno alla fine della cifra che rappresenta i fondi). Che poi il problema non è neanche solo suo, c'era Fioroni prima di lei come c'era la Moratti ancora prima. Ogni volta che un nuovo governo viene eletto la prima cosa che fanno è mettere mano alla pubblica istruzione, spostano, cambiano, cancellano, tagliano, incollano. Tutti, nessuno si risparmia. Chi è così fortunato da avere abbastanza tempo si fa addirittura due o tre riforme durante una legislatura, tanto per non perdere l'allenamento. Il risultato è che sono cinque o sei anni che, tanto per dirne una, non c'è un'annata che fa la maturità in modo analogo a quella precedente od a quella successiva. Cambiano il peso degli esami, la gestione dei punteggi, la gestione delle commissioni e delle condizioni per poter sostenere l'esame stesso, ogni anno. Una volta avere la maturità aveva un significato preciso: hai concluso la scuola X con un voto di Y e quindi sai fare Z. Ora, con un sistema così mutevole, il diploma dice semplicemente che scuola hai fatto ma non dice con quale sistema di punteggi hai preso quel voto o con che tipo di commissione. Ogni annata ha un diploma di valore diverso perchè valutato su parametri unici e differenti da qualcunque altra annata e quindi inutile per un raffronto ad ampio spettro. In sostanza quel pezzo di carta, che già varrebbe comunque poco in se, con questi continue "riforme" non ha più valore oggettivo quindi la sua utilità è nulla. A meno che non siate collezionisti di prestampati.

giovedì 17 settembre 2009

Niente più sessismo

Meglio correggere il tiro, che poi alcuni pensano che io odio le donne. No, signori, niente di più sbagliato. Io odio le donne e gli uomini ad ugual modo. Perchè mai dovrei fare differenze? Ciò che invece mi porta a parlare più della donna ed inveire contro essa è dato semplicemente dal sistema generare all'interno del quale ci troviamo. Con tutto questo buonismo sul femminismo e le pari opportunità per le donne mi sento quasi in dovere di riequilibrare le cose con una dose più massiccia di commenti acidi. Tanto per dirne una: le donne la televisione non la guardano? Tutte orgogliose del loro essere donna poi non hanno la minima reazione d'innanzi a certe scene. Esempi? Esempi. Così fan tutte, poco prima della prima serata su Italia 1. Oltre ad essere un programma di una tristezza infinita e di una prevedibilità imbarazzante contiene lo stereotipo della donna zoccola ed arrampicatrice. Oltre ad una scena di oltre 3 minuti in cui la Marcuzzi non fa altro che succhiare avidamente un grosso wurstel. Se fossi una donna orgogliosa del mio essere sarei incazzata per questo. Così come sarei incazzata per la D'Addario (che non fa la troia ma la escort, notevoli le differenze) e Noemi obiettivi dei fotografi a Venezia solo perchè, che sia vero o no, sono arrivate più vicine al pene più ricco d'Italia più di chiunque altra. Oppure qualsiasi forma di vallettaggio. C'è una tizia di cui non so il nome che ha partecipato ad una certa edizione del Grande Fratello da diciottenne verginella ed ha fatto parlare di se in parecchi modi. Appena uscita dal reality ha messo all'asta la propria (presunta) verginità per un milione di euro, così da potersi pagare un corso di recitazione. Ora invece valla seminuda dell'ultimo Quiz di Enrico Papi e la sua unica funzione è... no, non credo abbia una specifica funzione. Forse è una semplice fluffer. Ma non vedo perchè dovrei fare del sessismo e considerare la controparte maschile in quale modo migliore. Ancora non s'è raggiunto il livello di puttanismo del mondo femminile, ma ci si sta arrivando: tronisti, attori-scimmia-ma-fichi, modelli. Sono stati sdoganati anche quelle prerogative un tempo tipicamente femminili (il trucco, i gioielli, la borsetta, i capelli strani) ed ora quasi ogni maschio ne vuole approfittare. Un abisso, se pensiamo che sessant'anni fa il vero uomo italico era rappresentato da un sudato Mussolini muscoloso che zappava la terra in cannottiera. Oggi invece il massimo è il ragazzino giovane ed esile che profuma d'Armani, veste Gucci con accessori D&G, ragazzo la cui massima attività fisica è il ballare in una discoteca. Un abisso davvero. Senza contare che l'uomo medio è spinto in avanti solo dal proprio pene di cui il resto del corpo è una semplice appendice che permette al pene di muoversi e provare ad acchiappare qualche esemplare femmina. Un po' come il Thor della Marvel che non era lui a volare ma il suo martello, lui ci si appendeva e si faceva trascinare. Alla fine tra uomini e donne non c'è tutta questa differenza, l'incidenza della deficenza è la medesima. Quindi, donne, non odiatemi, perchè non vi considero diverse. Odio tutti allo stesso modo. Per concludere è bene dire che forse ha ragione il nostro Ministro per le Pari Opportunità: la donna non è ben valutata in Italia perchè non ci si riesce a disfare dello stereotipo della donna pronta a tutta per il successo, la donna che si spoglia per soldi, eccetera. L'uomo, cattivo e malvagio, deve capire che la donna, candida e buona, non è solo un corpo ed è ora di smetterla di pensare che spogliandosi si raggiunge il successo. Brava Carfagna, hai proprio ragione. Chissà se anche nel 2005 la pensava così, all'epoca della seguente.

mercoledì 16 settembre 2009

Oh, il cesso

Oggi sono stato intercettato da una donna d'innanzi ad una profumeria. L'ho vista subito che aveva intenzioni sbagliate (voleva parlarmi) e voleva costringermi a fare cose che non volevo fare (voleva che interloquissi) quindi ho fatto volare lo sguardo alla contemplazione di un punto lontano deviando lentamente la rotta lontano da lei. Ma questa non ha desistito. Mi ha assalito alle spalle bloccandomi e offrendomi un rettangolino di carta dagli odori strani.

Donna: Vuole provare questo profumo.
Injo: No.
Donna: Non lo deve comprare dopo, è solo di prova.
Injo: Ah. No, comunque.
Donna: Ma è gratis.
Injo: Me ne dia un chilo.

Fatto sta che mi sono trovato a vagare in giro sniffando il cartoncino bianco ed il suo pungente odore di qualcosa. Probabilmente i nasi più fini del mondo hanno studiato mesi il giusto dosaggio delle essenze in modo che si adatti al meglio al pH della pelle e tutto il resto ma a me ha ricordato lo stesso aroma che fanno tutti i profumi, ovvero quello che si sentiva nei laboratori di chimica a scuola quando non si aprivano le finestre perchè faceva freddo. Puzzo chimico ed artificiale. Pungente. Fastidioso. Non capisco come sia venuto all'uomo in mente, un giorno, di spruzzarsi addosso un liquido con un odore così surreale. Capisco il deodorante che copre l'aroma di sudore in quanto serve a togliere una cosa fastidiosa, ma non capisco quale dovrebbe essere lo scopo del profumo. Metterselo addosso perchè così la gente pensa "ehy, senti che buon profumo ha questo qui!"? Perchè mai qualcuno dovrebbe pensare che io emano naturalmente pungenti essenze alcoliche. Senza contare che il profumo (che ormai, l'avrete capito, si chiama così solo di nome e non di fatto) è terribilmente fastidioso al naso. Quando passa uno che se l'è messo addosso lascia una scia tremenda che le chemitrails in confronto gli fanno una pippa. Senza contare che oltre la metà della gente invece di spruzzarselo addosso ci riempie una vasca e vi ci si immerge. Profumi, con tutte quelle pubblicità che cercano di essere artistiche, i silenzi, le zoccole super truccate e i petti tartarugosi ben oliati, il francese ostentato. Eau de toilette (Oh, il cesso.) è la parola preferita dagli stilisti dopo collezione, accessori e cocaina. Spero di capirlo, un giorno, questo essere umano.

martedì 15 settembre 2009

Chiaramente, bianco su nero

Per quanta tecnologia ed orpelli inutili possano i tempi moderni offrire, certe cose rimangono meglio fatte alla vecchia maniera. Il pane fatto alla vecchia maniera, ad esempio, non regge il paragone col Pane del Mulino, quello che sa di conservanti e, se ben compattato, può esser fatto detonare tramite corrente elettrica. Un'altra cosa, forse la migliore, è il metodo di scrittura gesso su lavagna. Insuperabile. Certo, le facoltà universitarie che fanno le fighette cercano di sostituire il sistema con il pennarello cancellabile, ma con scarsi risultati. Infatti il bianco è un colore che gonfia ed il nero uno che stringe; insomma, è più facile vedere un puntino bianco su fondo nero che non il contrario, il puntino nero sarebbe inghiottito dal bianco. Questo, unito al fatto che il diametro della punta di un pennarello è minore di quello del gesso rende difficoltosa la lettura sulla lunga distanza. Che poi, dopo molte scritture e cancellature, la lavagna si copre di una patina biancastra uniforme, Vabbè, nessuno è perfetto. Sempre comunque meglio della lavagna a pennarello dove le scritte cancellate non si spalmano, semplicemente si attenuano rimanendo in secondo piano. Scripta manens, dice chi non conosce il latino. Che poi, Dio mi fulmini se non è vero (anche se sappiamo tutti bene che Dio non potrà fulminarmi per un semplice motivo: i fulmini sono area di competenza di Zeus), quante volte i segni delle cose scritte in precedenza e rimasti inossidabili cancellatura dopo cancellatura vengono interpretati come indici o potenze varie rendendo impossibile comprendere anche le cose più semplici spiegate. Infine il pennarello è una bestialità. Il gesso funziona su un principio meccanico semplice: lo strofini contro una parete più dura, questo si sbriciola in una polvere sottile che rimane appiccicata alla parete stessa e lascia il segno. Facile. Elementare. Ma il pennarello no. Il pennarello che una volta stappato inebria la stanza con il caratteristico odore alcolico per funzionare la prima mezz'ora e poi addio, iniziano i problemi. Momenti di esaurimento d'inchiostro che si mangiano interi concetti, punta che funziona a zone in un affascinante effetto sdoppiato. E allora basta, sto pennarello del cazzo proprio non funziona, cambiamolo. Col gesso è facile, il gesso è (prevalentemente) bianco. Il pennarello no. Quando ti finisce il pennarello nero a metà di un concetto non ci sarà mai in giro un altro pennarello nero. Allora si scrive con quello blu che sembra nero ma no, non diciamo vaccate, non sembra nero affatto. E poi no, diamine, non funziona neanche questo, dopo tre lettere ha già esaurito l'inchiostro, passami quello verde. No, no, no, allora provo quello rosso, ma niente, quello giallo, quello viola, azzurro, arancione, ocra, turchese, rosa, grigio, marrone, bianco. Niente, ormai la spiegazione si trasformato in una tavolozza di Paint e lettere semi trasparenti, le uniche parti dello scritto che si cancellano bene (ovvero le uniche parti che servono) e finisce la lezione con l'idea che, ora basta, questi pennarello sono proprio da buttare, non funzionano più. E invece rimangono tutti lì, pronti a reiniziare il loro ciclo, prima il nero, poi il blu, il verde, il rosso e i loro amici. Così, da una parte, il gesso sghignazza. Alla faccia di coloro che ormai, oggi, non sanno neanche più che esistono chitarre e pianoforti che funzionano senza l'elettricità, che si può scrivere anche senza l'ausilio del computer e che si possono fare le operazioni senza la calcolatrice. Alla faccia della tecnologia ostentata sempre e comunque.

lunedì 14 settembre 2009

Gruppi ciclici

Dunque: Belpietro è passato da Panorama a Libero. Mulè è passato da Studio Aperto a Panorama. Mario Giordano è passato da Il Giornale a Studio Aperto. Feltri è passato da Libero a Il Giornale. Un bel ciclo. Ora la domanda da un milione di dollari: chi indovina di chi sono (direttamente o indirettamente) Il Giornale, Panorama, Libero e Studio Aperto? Ma soprattutto immagino sia una casualità che il casino scatenato da Feltri coincida proprio con il suo approdo alla nuova testata.

domenica 13 settembre 2009

Il mio tempo ed il suo cast

È morto Mike Bongiorno. È morto Pavarotti, Michael Jackson, Gigi Sabani, Giovanni Paolo II e tutti gli altri personaggi dell'epoca in cui sono nato e cresciuto. E pian piano moriranno tutti quei personaggi che mi era consuetudine conoscere e vedere in tv o nei telegiornali o altrove, a prescindere dal fatto che mi piacessero o no. Gigi Sabani mi stava sul cazzo prima di morire e la mia opinione non è cambiata ora che è orizzontale sotto un quintale di terriccio. Però questo fatto mi fa riflettere, tutti quei personaggi, essendo parecchio più anziani di me, sono destinati a crepare prima di me (o almeno la probabilità che ciò avvenga è abbastanza alta). Questo significa principalmente due cose: primo, sto crescendo troppo fottutamente in fretta, aspettate, datemi tempo di guardami in giro, cazzo. Secondo, quando tutti saranno morti non avrò più riferimenti e devo quindi aggiornarmi al più presto sui nuovi personaggi che andranno a sostituirli. Come avete detto che si chiama il vincitore del Grande Fratello dell'anno scorso?

sabato 12 settembre 2009

Cento vetrate

Grazie Facebook. Lui e gli altri social network hanno permesso all'essere umano medio d'avere qualcosa da fare su internet. Il risultato è che ora chiunque va su internet e, grazie al Web 2.0, carica contenuti. Oddio, contenuti, fotografie generalmente. Guardate quanto sono bello/a, dai, se mi fate i complimenti poi li vengo a fare anche a voi. Tra l'altro le foto sono talmente standardizzate che è facilissimo ormai organizzarle. Al maschile ci sono quelle a petto nudo viste da 3/4 con lo sguardo rivolto ad un imprecisato punto di fuga oltre la macchina fotografica e le capigliature complesse. Al femminile ci sono quelle scattate tenendo la macchina fotografica con una mano in alto sopra la testa indossando enormi occhiali dalle pesanti montature in plastica colorata. O l'una o l'altra, è molto semplice, anche se spesso vi sono contaminazioni tra i due soggetti. L'elemento più diffuso sono certamente gli occhialoni in ogni foto, di giorno, di notte, in casa, a letto. Perchè, dai, con quegli occhialoni sei proprio fashion. Che poi a dirla tra di noi, le foto di una ragazza con quegli occhialoni sono sempre piuttosto attraenti. Forse perchè l'elemento che più caratterizza il viso (gli occhi) è coperto e quindi sembrano tutte uguali. Oppure visto che rimane scoperto solo il mento, il mento è semplicemente un mento. Non può essere bello o brutto più di tanto (eccezioni escluse). O forse è un po' di quel fascino donato dal vedo/non vedo, più non vedo che vedo in realtà. Nasce qui il paradosso. Quest'esercito d'aspiranti donne pubblicano foto esclusivamente con i loro grossi occhiali e si aspettano commenti sinceri sul proprio aspetto fisico da un'esercito di aspiranti uomini. Io più che fare i complimenti a D&G e Gucci (già, le avete fregate ancora, vecchi marpioni. Quanto gli avete spillato questa volta? 300€? 400€?) non posso fare, visto che la faccia sta dietro a quelle vetrate. Forse li indossano per sembrare più carine e giocare sull'effetto mistero suddetto ma forse hanno solo paura di ottenere commenti su come sono veramente. Perchè non potete essere tutte belle, rassegnatevi. Se tutte le ragazze fossero belle semplicemente si sposterebbe la soglia di bellezza trasformando le bellissime in belle e le meno belle in cozze. Semplice logica. Comunque tranquille, l'intelligenza maschile media di commenta le vostre foto segue il dogma magari se le faccio i complimenti rimedio un atto carnale, quindi riceverete sempre e solo complimenti, in ogni caso. Non saranno sinceri, è vero, ma chissenefrega: ha detto che siete carine. Ripensandoci, il significato di quelle foto con gli occhialoni è guardatemi e giudicate la mia bellezza seguito dal speriamo che se sono bella mi riconoscono in giro. Ora pensiamo invece all'effetto pornostar che copre gli occhi per non essere riconosciuta. Chi dei due s'è coperta di più, chi vuole farsi riconoscere o chi non lo vuole?

venerdì 11 settembre 2009

Buone nuove #10 - Migliorie

"Io miglior premier italiano in 150 anni". Speriamo non si riferisse alla sua longevità.

"Io miglior premier italiano in 150 anni". Ed ha ancora tutta la vitalità di un ventennio.

"Io miglior premier italiano in 150 anni". Economicamente parlando.

"Io miglior premier italiano in 150 anni". Solo altri dieci all'arrivo della Squadra del Tramonto.

"Io miglior premier italiano in 150 anni". Mussolini, Nerone e Caligola fanno 38 in totale, gli altri chi sono?

giovedì 10 settembre 2009

Donne du-du-du

Urrà, finalmente il G8 delle donne sulle condizioni di quest'ultima nella società odierna! Effettivamente ne sentivo proprio il bisogno. Non potevo proprio più attendere, la Carfagna avrà proprio tanto da consigliare alle altre rappresentanti dell'evento. Ad esempio su come si ottiene un buon posto di lavoro. Ci serviva proprio un bell'incontro basato su femminismo, pizzi e dieta del melone e poi alle 10:15 tutti in bagno insieme a sistemare il rossetto. Presto, ragazze, sincronizzate il ciclo, ci rivediamo qui tra quindici minuti. E poi sarà tutto un trionfo d'interventi, femminismo, donne stuprate da malvagi extracomunitari e discussioni circal la dieta del melone, guarda, è una cazzata, molto meglio quella dell'arancio. Ci saranno anche momenti informali dove sorseggiando il proprio Martini sarà possibile deridere la prestazione a letto dell'ultimo partner e ridere degli aneddoti di "lo sai come ho ottenuto io questo lavoro?". Speciale. Un covo di vipere ad orologieria che credono che il contrario di femminismo sia maschilismo. Oh, donne combattenti delle decadi passate, che lanciavate reggiseni ovunque e simulavate con le mani la forma della vostra vagina, che cosa hanno portato le vostre lotte? Sì, potete votare e potete mettere i pantaloni, potete entrare nell'esercito e, ma sì, perdio, potete anche uscire dalla cucina senza chiederlo. Oggi mi sento buono. Perchè, quando non c'è freno a certi movimenti (i poliziotti si facevano dei problemi a manganellare una manifestante donna. Non è difficile tranquilli, si fa come con tutte le altre: alzi in alto il manganello e poi lo fai cadere in basso il più velocemente possibile cercando una traiettoria che entri in collisione con la sua scatola cranica) si passa oltre. Ora le donne possono andare vestiti di francobolli. Ora le donne possono accusare un uomo di stupro e subito sono vittime di un orco, prima di accertare le affermazioni. Ora le donne possono assumere incarichi istituzionali se sanno usare sapientemente la lingua. Non per parlare, dico. Il femminismo voleva le donne al successo ma oggi non c'è una singola donna che riesca a parlare di donne senza fare del sessismo. Le donne sono più brave negli incarichi amministrativi e bla bla bla, ma per piacere. In quasi tutte le donne di successo esiste un denominatore comune che non coincide con la capacità. Prendiamo il mondo della musica e consideriamo solo donne oggettivamente prive di alcun talento (o comunque in una parte infinitesima e trasurabile rispetto alla parte commerciale e non proporzionabile al successo avuto). Vedete un denominatore comune? Io sì, e non è l'ugola.

mercoledì 9 settembre 2009

Buone nuove #9 - Modernismi

Rimasterizzata l'intera discografia di Beatles. Come se ci fosse qualcuno che non l'avesse già masterizzata.

Noemi Letizia: "Quello che dice Veronica non mi tocca". Solo papi ha il permesso.

Napolitano: "La Resistenza ci ha ridato la dignità". Ok, ma occuparsi di quello che accade oggi?

Ricerca scientifica rivela che le scimmie reagiscono alle canzoni dei Metallica. Non c'erano dubbi.

Spot contro l'AIDS col volto di Hitler. Pronto anche quello contro l'influenza suina col volto di Gasparri.

Giornaliste incarcerate perchè portavano i pantaloni; quelle che vi hanno rinunciato sono state liberate. Ora che si sono tolte i pantaloni sono pronte per il ministero.

Belpietro prende il posto di Feltri a Libero, Feltri prende il posto di Mario Giordano a Il Giornale, Mario Giordano torna a Studio Aperto. A breve anche la nuova formazione del Milan.

Muore Mike Bongiorno. Berlusconi: "Ci lascia un grande uomo". Su Rete 4 replica dell'intervista in cui Mike racconta le sue attività da partigiano. Berlusconi: "Non così grande, in fondo".

martedì 8 settembre 2009

L'importanza della vita

Cristo è morto solo da 2009 anni anche se le radici di quella religione (ormai frammentata in una miriadi di sottoculti) erano già presenti da prima. Molto prima. L'antico testamento risale a parecchi millenni fa e ancora quello è. Purtroppo, sebbene a volte rimanere saldati alle proprie idee e convinzioni è vantaggioso, in questo caso no. Il povero Ratzinger si trova a dover metter bocca sulle questioni etiche di cellule staminali, aborto, eutanasia, fecondazione assistita e clonazione senza avere documenti divini su cui basarsi. Questo perchè, mentre la Chiesa è rimasta fedele e bloccata sulle vecchie idee, il resto del mondo è andato avanti ed è cresciuto. Ora vi sono quindi questioni etiche, scientifiche, tecnologiche e culturali che al tempo della scrittura della Bibbia non erano nemmeno immaginabili (dall'uomo, visto che la Bibbia l'ha scritta lui, Dio credo le sapesse già. Altrimenti che cazzo di onnipotente è?). Brevemente, la storia dello sviluppo nei secoli e nei millenni.

Sarebbe quindi necessaria la scrittura di un terzo testamento in grado di prendere in esame gli avvenimenti degli ultimi duemila anni ma il problema che sorge è: chi dovrebbe scriverlo? Dio no, lui non scrive. Servirebbe un profeta ma, al giorno d'oggi, uno in grado di trasformare l'acqua in vino sarebbe profumatamente pagato dalla Tavernello per non parlare. Oppure sarebbe chiuso nell'Area 51 per accertamenti. La scelta successiva ricadrebbe sul Papa, massima autorità religiosa sulla Terra, anche se forse sarebbe un po' troppo di parte. Insomma, è facile riscrivere le regole della propria religione così, a piacimento. Soprattutto non sarebbe particolarmente conveniente in quanto sappiamo che la Chiesa ha un concetto di importanza della vita abbastanza personale.
Dovrebbe essere possibile stabilire dei parametri etici indipendenti quindi dalla Chiesa ormai inadeguata (se non si installa l'aggiornamento). Il problema è che nonostante l'evidente inadeguatezza, la Chiesa rimane ancora la principale forza politica del mondo, oltre gli stati ed oltre i governi. Basta guardare l'Italia: c'è Casini col suo partito bigotto. C'è Berlusconi che nonostante tutto riesce ancora ad intrattenere rapporti con la chiesa. Poi c'è gente tipo Rutelli, tipo Bondi (cristianissimo, e si vede, ma incapace di rinunciare all'esperienza del divorzio) e tipo la Santanchè (che farebbe di tutto per salvaguardare le nostre radici cristiane, anche ammazzare tutti quegli sporchi immigrati). Tutte le parti politiche sono infettate dall'etica della Chiesa semplicemente perchè è ancora un grande bacino di voti quindi conviene appoggiarla anche se non si condivide appieno il loro punto di vista (ricordiamo che Mele, quello dei coca-party con le zoccole brasiliane, era dell'UDC). Chi potrebbe allora valutare il vero valore della vita di ogni uomo in modo da poter sempre scegliere al meglio? Una volta scartati governi e religioni viene da pensare che la vita sia importante solo per le associazioni umanitarie, una delle tante. Anche qui è però possibile trovare una sorta di deviazione professionale che non distribuisce equamente l'importanza della vita rendendone alcune più importanti da salvaguardare rispetto ad altre.
Sembra dunque che la vita non sia un valore quantificabile in modo appropriato da nessuno su questa Terra. Forse per il semplice fatto che, avendo vita noi stessi, siamo di parte e difendiamo principalmente quelle che ci fanno più comodo (economicamente, politicamente, egoisticamente) fregandocene delle altre. Perchè dovrebbe avere importanza la vita di quello stronzo che mi ha sorpassato a sinistra ai centoquaranta a bordo del suo SUV lucido? Perchè dovrebbe avere importanza la vita del ballerino di tip-tap che abita al piano di sopra? Perchè dovrebbe avere importanza la vita di uno che neanche mi vota? Gli unici che ancora sono veramente impressionati ed affezionati al valore della vita sono gli animalisti che la difenderebbero ad ogni costo. C'è da spendere cifre esorbitanti per la benzina del motoscafo che serve ad andare ad ostacolare una petroliera? Si va. Tanto paga papà. Anche se, forse, anche in questo caso il valore della vita è giudicato in maniera abbastanza personale.

sabato 5 settembre 2009

Occasioni

Quanti interventi non scritti e dimenticati perchè fuori sede o senza connessione disponibile. Quante occasioni andate perdute per scelte apparentemente più semplici e soluzioni apparentemente più gestibili. Quanti rapporti interrotti dall'ozio. Ciò che era al tempo noia e consuetudine senza interesse trasformatasi poi in mancanza, in perdita di preziosi e infine in bisogno di qualcosa di fondamentale. E quando cerchi di lasciartela alle spalle ecco i sogni indagatori duri come diamante a puntare il dito contro il bivio, a sottolineare la strada percorsa, a mostrare cosa si è scelto e cosa si è perso. È probabilmente vero che i sogni sono solo pensieri di un cervello semiaddormentato, allora sono io stesso a puntare il dito, a sottolineare e ad esser pieno di rimpianti. Ma forse è proprio la strada che ho percorso ad individuare chi sono, le scelte ai bivi soprattutto. Nonostante i rimpianti a volte viene da chiedersi se non sia stato meglio comunque perdere per avere ciò che ora ho, se aver fatto scelte diverse per ottere cose ora agoniate non avrebbero compromesso altrettante possibilità, magari attualmente in atto, magari talmente semplici da non essere al momento contemplabili. Forse è meglio soffrire degli echi di un sogno o di un ricordo o di un pensiero se questo significa ancora avere la capacità d'emozionarsi. La possibilità passata e perduta, quella non scelta, situazioni e persone passate che potevano evolvere in uguali o diverse situazioni e persone presenti. Forse è però meglio sognare l'inarrivabile che vederlo realizzato perchè solo il sogno ha bellezza perfetta e pura. E quindi mi limito a sognarla, notte dopo notte. Da anni.

venerdì 4 settembre 2009

Trattare con la morte

Faccio sempre fatica a trovare il confine tra il mio (probabile) cinismo ed il mio rinnego del buonismo che fa tanto persona per bene. Nello specifico, tutti i Tg (per quel che vale ormai il loro potenziale informativo) si sono riempiti di titoli per la ragazza morta di overdose al rave party da qualche parte in Italia (non mi interessa dove), scattano indagini, perizie, autopsie, polemiche. Ma per piacere. Se uno va ad un rave party e ci muore di overdose, beh, cazzi suoi. Se penso che i soldi delle mie tasse (non ancora mie in verità) vanno sprecati in indagini di un individuo morto d'overdose ad un rave party, la cosa mi fa girare altamente i coglioni. Perchè uno che va ad un evento del genere e respira droghe come fosse aria primaverile, lo sa cosa sta facendo. A prescindere da quanti anni porta. Un po' come le faccie scure dei politicanti di governo che rilasciano dichiarazioni di condoglianze e lutto per i militari morti nelle missioni di pace fatte coi fucili. Andare in guerra è morire, lo sa chi ci va tanto quanto chi ce li manda. L'optional è tornare a casa vivi ed integri, non morirci. Perchè se si volesse una guerra senza implicazione di morti si combatterebbe con bacini e coriandoli. Uno va in guerra e muore, è normale, non vedo cosa c'è d'avere il volto scuro, specie quando sei tu ad avercelo spedito. Odio tutto il buonismo ed il falso rispetto rivolto ai cadaveri in queste situazione. Generalmente uno che muore è sempre una persona fantastica, brava e tutto il resto, nessuno ha il coraggio di dire "questo è morto perchè ha fatto una stronzata e sapeva benissimo quello che faceva". Beh, io ce l'ho. Ad ugual modo se devo pensare che le mie tasse e le risorse a sanità e sicurezza devono essere utilizzate per mobilitare un contingente da guerra civile ogni domenica per evitare che i tifosi di due squadre di calcio rivali si scannino tra loro, anche questo mi fa girare i coglioni. Sarebbe una soluzione più interessante chiudere le porte dello stadio, dall'esterno, e riaprirle un paio di giorni dopo. Ch i non è morto per la sua stupidità o per quella dei suoi colleghi, può tornarsene a casa. O ancora, dovrei forse intristirmi perchè qualche frustato di mezza età in una nottata più agitata delle altre si avventa su una ragazza che crede che un francobollo sia un vestito e la stupra? Se una va in giro vestita come in foto, a parer mio, sa bene cosa sta facendo ed a che tipo di reazioni che vuole provocare. Ne deve saper quindi accettare le conseguenze. Sarebbe come infilare un braccio in bocca ad un coccodrillo e poi avercene perchè questo ce lo stacca con un morso e ci fa colazione. Stessa cosa per i morti incornati dai tori mentre si fanno inseguire nelle note manifestazioni spagnole. Se uno è così idiota da stuzzicare un toro solo per il divertimento di farsi inseguire allora forse è solo un bene se il suo corpo viene dilaniato da un paio di corna. Stessa cosa per le stragi del sabato sera. Massimo rispetto per chi viene tirato sotto ma chi beve come come una Formula 1 e poi si mette alla guida senza essere in grado di distinguere tra la strada ed il mondo degli elefanti rosa, allora è giusto che il suo corpo si spalmi su una parete ad un centinaio di chilometri orari. Ancora, chi ti entra in casa o in negozio per rubare. Ultimamente il trend italiano è condannare quelli che tirano fuori un fucile e freddano i rapinatori. Io personalmente sono contrario. Se un furbone pensa di poter rubare cose così, senza incorrere in alcuna sanzione se non un buffetto sulla spalla da parte della legge italiana, allora forse la possibilità di esser trasformati in una groviera potrebbe essere un buon deterrente. Chi fa una rapina sa che va incontro alla possibilità di trovarsi il cervello schizzato su un muro, inutile girarci intorno. Come chiunque altro nelle azioni sopra citate, chi fa certe cose sa bene quali sono le possibili implicazioni e se decide di entrare effettivamente in azione allora significa che ha deciso che vale la pena di rischiare di incorrere nelle conseguenze. Io ho sempre subito le conseguenze delle mie azioni (fin troppo), non vedo perchè chi è tanto idiota da fare certe cose non dovrebbe.

giovedì 3 settembre 2009

Monopoli

Injo: Ho scoperto il tuo oscuro segreto.
S.B.: Tanto non potrai farci niente!
Injo: Lo dirò all'opposizione!
S.B.: Quale?
Injo: Allora lo racconterò a Panorama.
S.B.: Panorama è mio.
Injo: Allora lo racconterò a Il Giornale.
S.B.: Il Giornale è mio.
Injo: Allora lo racconterò a Repubblica.
S.B.: Repubblica è troppo di parte, non sarebbe minimamente credibile.
Injo: Allora lo racconterò al TG1.
S.B.: Il TG1 è mio.
Injo: Allora al TG2.
S.B.: Controllabile.
Injo: Al TG3.
S.B.: Non è credibile quando mi attacca.
Injo: Al TG4.
S.B.: Mio.
Injo: Al TG5.
S.B.: Mio.
Injo: A Studio Aperto.
S.B.: Non è una fonte valida.
Injo: Allora lo racconterò ad un Talk Show.
S.B.: Mediaset è mia.
Injo: Ne pubblicherò un libro con la più grande casa editrice italiana.
S.B.: La Mondadori è mia.
Injo: Ne farò del Gossip su Chi.
S.B.: Signorini è un mio uomo.
Injo: Allora...
S.B.: È inutile, non puoi farci niente, ah ah!
Injo: Allora lo scrivo sul mio blog.